martedì 30 maggio 2023

 


Magasin du Café presentano SHARDANA

https://open.spotify.com/album/1DEkAbut8ETPp3PhKFIoep?si=wsRVZG2nRVaui8nHk1j0pg

 

Nel nuovo album i Magasin du Café inseriscono come elemento di novità alcuni testi per spiegare meglio il concetto culturale che sta dietro alle loro creazioni musicali, contrariamente agli album precedenti in cui la voce era usata come uno strumento musicale.

La storia raccontata è quella di un guerriero Shardana che parte dalla Sardegna, partecipa alle campagne di pirateria ai danni dell’Egitto, si offre come guardia personale di Ramses II, partecipa alla battaglia di Qadesh. Vivendo a corte scopre l’enorme sapienza sacra ed esoterica dell’Antico Egitto, entrando in rapporti di rispetto con sacerdoti e aristocratici. Queste nuove conoscenze lo spingono a ricercare le sue origini, le origini dell’essere umano e degli Dei. In un viaggio di unificazione, per tornare a dove tutto è iniziato, parte per raggiungere l’estremo Nord, verso quella che i Greci chiameranno migliaia di anni dopo Hyperborea.

L’album ha sonorità che richiamano il prog rock, il post rock e la world music. L’elettronica regala ritmo e un sound a tratti ipnotico, così come le voci con sonorità ancestrali degli antichi sardi e le armonie dell’Oriente.

Ancora una volta l’emozione è al centro delle composizioni, stavolta unita ad un concetto originale e poco esplorato: l’origine preistorica del nostro mondo, fatta di lotte, amori, scoperte. Temi modernissimi e universali.

 

La Band

I Magasin du Café sono l’essenza della World Music in chiave moderna. Amano suonare in luoghi incontaminati nella natura (laghi di montagna, fiumi, boschi, spiagge, foreste). Hanno creato dal 2020 un format di concerti alimentati da una bicicletta ed illuminati da candele. I loro concerti sono un’esperienza ancestrale, da vivere lasciandosi andare a quello che loro stessi chiamano flow. La voce ed la ritmica di questa band vengono dalla Sardegna, dove migliaia di anni fa vivevano i Popoli del mare “Shardana”. Popoli che non appartenevano a nessun regno, a nessuna dinastia, ma semplicemente appartenevano al mare. Un omaggio alla natura, alla vita, alla libertà.

I loro concerti sono meditativi e spesso riescono a portare il pubblico in uno stato quasi ipnotico. Musica che ci parla di tradizioni lontane, in cui il grande Nord si mescola con l'Oriente, in cui i canti sciamanici dell'America e dell'Africa diventano moderni. Il sound è universale, i suoni sono esotici ma senza connotazione geografica, si mescolano al rock, al folk, all’elettronica, in un dialogo inedito tra i cinque musicisti.

 

Il Concept

Gli Shardana (o Sherden) erano uno dei Popoli del Mare, famosi per essere stati la guardia personale di Ramses II, uno dei faraoni più influenti di tutti i tempi. La loro grandiosità in battaglia si intuisce dai pochi scritti trovati dagli archeologi, ma gli storici più attenti hanno trovato le loro tracce in tutto il Mediterraneo, il Baltico e perfino l’Africa del Sud. Tracce di manufatti, bronzetti nuragici, armi, monumenti di pietra imponenti, bassorilievi e miniere.

Sembra ormai assodato che la Sardegna abbia preso il suo nome da questo popolo, di cui non si conosce ancora l’origine. Da qui deriverebbe il mistero del popolo sardo e della sua nascita, ma soprattutto il mistero della sua unicità. Sembra che gli Shardana abbiano avuto contatti intensi con popoli del nord e mediorientali, talmente profondi e ricorrenti da rendere difficile capire da dove tutto sia partito.

Per noi, Shardana è un concetto che ha ribaltato tutto quello che conoscevamo della nostra storia e del nostro presente. È un tornare alle origini, è scoprire che già migliaia di anni fa, prima della scrittura, le genti si mischiavano, lottavano per i territori, commerciavano ed esploravano.

 

L’INTERVISTA

 

Come avete scoperto il mondo di Shardana?

 

“Shardana” è un modo per chiamare in lingua moderna uno dei Popoli del Mare, che sembra ormai certo avessero base anche nell’isola Sardegna. Questi popoli hanno un’origine per noi misteriosa, hanno vissuto nel mediterraneo di almeno 5000 anni fa, cambiandolo profondamente con i loro commerci, l’artigianato, l’arte e le guerre a cui prendevano parte. Sono stati guardia personale di Ramses II, uno dei faraoni più leggendari di tutti i tempi. Gli salvarono la vita in almeno un’occasione e vengono definiti da lui stesso “imbattibili”. Sono storie antiche tramandate dai genitori di Alberto e Mattia nei racconti di infanzia. Un moto di orgoglio primordiale che abbiamo sentito anche in questi anni, tramite laviche di artigiani e storici che abbiamo incontrato durante i concerti in terra sarda.

Abbiamo unito queste suggestioni in un disco di epica guerriera e che parla di una grande curiosità per un mondo antico e sconosciuto.

 

Quanto è importante la Sardegna in questo percorso musicale?

 

La Sardegna è la terra di origine di Alberto e Mattia, ma anche una delle nostre seconde case di tour estivi tra palchi e musica di strada. Sentiamo l’attitudine dei guerrieri Shardana nel modo di fare degli isolani. Si avvertono in questa terra un mistero e una magia che sono unici. Esiste il "mal di Sardegna” per alcuni di noi. E poi ci sono tutte le influenze musicali e culturali che si perdono nella notte dei tempi, con strumenti antichissimi che hanno resistito al passare dei millenni. I canti sardi, le melodie che si collegano alla musica del nord Europa, le launeddas… tutto ha contribuito a dare una voce organica alla nostra musica e alle nostre suggestioni.

 

Possiamo definire Shardana un concept album? 

 

Lo è assolutamente, sia dal punto di vista tecnico-musicale, sia per le tematiche dei testi. Alcuni brani sono dei manifesti di appartenenza culturale, in cui l’orgoglio per la propria terra si fonde con la curiosità dell'antico e dell’incontro tra popoli. Sempre per ritrovare parti di sé e le proprie origini, mai per fare un viaggio fine a se stesso o per rispondere ai nuovi dettami del politically correct. Uscendo dal concetto letterario e parlando di musica, nonostante la varietà di melodie e di sonorità, si sente un suono unitario che abbiamo cercato per due anni di lavorazione in studio, dal vivoi e nelle ricerche  dirette in terra sarda. Abbiamo unito il vissuto musicale di ognuno di noi alle interviste con storici, artigiani e artisti sardi, durate intere settimane nei primi mesi del 2022.

 

Nelle note introduttive avete definito il vostro stile “universal music”.. Me ne vuoi parlare?

 

Una definizione anomala, abbiamo sempre fatto fatica a definire la nostra musica, come se ogni genere non bastasse a parlare al pubblico di cosa si sarebbero trovati di fronte. Facciamo rock, con chiare influenze prog, ma anche world music, folk, inseriamo la musica elettronica. Come possiamo definire questo se non come “universale”?

 

Ci sono degli artisti o dei generi musicali che vi hanno influenzato nella realizzazione del disco?

 

Di certo i grandi compositori di colonne sonore, dato che veniamo dalla musica puramente strumentale e questo è il nostro primo esperimento con le parole. Citiamo Yann Tiersen, Philip Glass, Hans Zimmer. Band come Sigur Ros, Ulver, Tool… Il jazz di Favata e Ibrahim Maalouf. Le sonorità dilatate dei Pink Floyd e della scuola di Canterbury, il folk che abbiamo ascoltato in anni di musica di strada, tra Francia, Germania e sud Italia. Soprattutto ci leghiamo ai concetti espressi nei libri di Leonardo Melis, sommo studioso del popolo Shardana, insieme a Felice Vinci, alcune pubblicazioni di Guenon e di Evola sulla Tradizione. Il libro dei Morti egiziano ci ha ispirato tanto quanto la musica fatta e ascoltata da trent’anni a questa parte.

 

Vedo che avete già fatto un album diciamo “mistico” come Samsara. Quali pensi siano le differenze?

 

Samsara era solo strumentale, un viaggio composto da molte fermate. Ogni brano era un film. Con Shardana invece siamo stati più compatti, con un pensiero fisso che ha fatto da collante a musica, testi e grafica. Il brano “Samsara” ha aperto una strada nuova per noi, aperta al mondo e all’energia dei grandi festival di world music. É stato uno dei brani più importanti della nostra carriera, nato in poche ore come fosse stato un bisogno. Bisogno di comunicare la nostra gioia e il nostro orgoglio di far parte di questo mondo, che ha radici lontanissime.

 

Ho letto che i vostri concerti sono tutti a impatto zero. Mi spieghi come funziona?

 

A impatto zero… beh è una forzatura dire questo. Di sicuro cerchiamo di diventare più autonomi possibile per dare energia agli spettacoli, parliamo di quelli con accumulatori portatili e una bici che li tiene carichi con la pedalata di volontari tra il pubblico. Spesso ci è capitato di perdere energia e terminare il concerto perché nessuno ha pedalato, son rischi da mettere in conto. É un modo per sensibilizzare all’autoproduzione e al consumo critico, più che all’ecologismo di facciata di questi anni, in cui tante band si sono risvegliate ecologiste di punto in bianco. Il nostro “concerto a pedali” non ha pretese di salvare il mondo, ma offre un punto di vista sul vivere sano e su un rapporto con la natura più responsabile. Quando si penserà all’uomo e alla natura come una cosa sola si farà il salto di coscienza, oggi tutto questo manca, tra chi pensa che la natura sia da sfruttare e chi pensa che dovremmo estinguerci per preservare gli alberi.

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